#52 Il nuovo Piano pandemico non è affatto anti-vax
Per conciliare propaganda e tutela dei cittadini, si fa una cosa e se ne racconta un'altra, contando sul fatto che nessuno vada a leggere davvero. Io però l'ho fatto, fino in fondo.
Finalmente riesco ad aprire questa newsletter con una buona notizia. Anzi, di più, con una bella sorpresa, che di questi tempi certo non mi aspettavo. Con quel che leggiamo ogni giorno, non avevo difficoltà a credere che la nuova bozza di Piano pandemico presentata alle Regioni negasse i principi e gli strumenti necessari a difenderci dai virus emergenti. D’altra parte, in un primo momento è stata presentata proprio come una vittoria delle componenti della destra al governo più negazioniste della pandemia e più ostili ai vaccini. Scriveva giovedì su X Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: "Lockdown e vaccini non sono nel nuovo piano pandemico. Le sinistre se ne facciano una ragione".
Invece, dopo aver letto e sottolineato in diversi colori 250 pagine di documento desidero fare i complimenti a chi al Ministero della salute è riuscito a produrre questo risultato: le parti che ho segnato in verde (complimenti!) o in giallo (importante!), sono sicuramente più di quelle che ho indicato in rosso o cui ho aggiunto qualche commento critico a latere.
I vaccini ci sono, eccome
Rispetto alla bozza precedente, bloccata un anno fa perché giudicata da alcuni membri della maggioranza troppo permissiva rispetto a vaccini e lockdown, non mi sembra che ci sia una marcia indietro reale (anche perché non credo che il ministro Orazio Schillaci, che è un medico, in quel caso lo avrebbe firmato).
Anche Giovanni Rodriquez nel suo editoriale su Quotidiano Sanità sottolinea i pericoli della propaganda: “Il messaggio che si vuole lanciare sostenendo che ‘i vaccini non sono presenti nel nuovo piano, la sinistra se ne faccia una ragione’, politicizza inutilmente un tema fondamentale di salute pubblica e pone almeno una parte della maggioranza di governo su un piano comunicativo pericolosamente allineato a quello del mondo 'no vax'. Ricordiamo che il Piano prevede e programma le risposte a possibili nuove ‘pandemie di carattere eccezionale’, ed in una situazione di questo tipo la disponibilità di vaccini efficaci per proteggere la salute della popolazione dovrebbe essere qualcosa di fortemente auspicabile per chi dal governo sarebbe chiamato a governare una simile emergenza, di certo non qualcosa da dover evitare e dalla quale prendere in questo modo le distanze”.
Non è assolutamente vero quindi che il nuovo Piano non li preveda. Anzi precisa come procurarseli e con quali criteri distribuirli, sottolineando che quelli "approvati e sperimentati risultano misure preventive efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole”. Certo, aggiunge che “non possono essere considerati gli unici strumenti per il contrasto agli agenti patogeni ma vanno utilizzati insieme ai presidi terapeutici disponibili", e vorrei ben vedere chi mai ha affermato il contrario, se non chi attribuiva alla scienza questa idea con un abusato artificio retorico.
Come è giusto che sia, si precisa che le misure devono essere proporzionate alle circostanze: nessuno, per esempio, aveva suggerito limitazioni della libertà personale nel caso della precedente pandemia, quella da virus influenzale A(H1N1) del 2009, molto contagioso, ma in media non più letale di altri virus stagionali. Se dovessimo trovarci di fronte a una situazione analoga, non servirebbero tutti i provvedimenti resisi necessari con covid-19 per limitare il numero delle vittime, ma sarebbe comunque utile poter contare su un’organizzazione che consenta di mantenere attivi i servizi essenziali con metà della popolazione adulta a letto o a casa con i bambini ammalati, per fare un esempio.
Flessibilità, adattamento, trasparenza
Apprezzo molto che il documento presentato alle Regioni insista molto su flessibilità e adattamento, presentando nel dettaglio tre scenari ipotetici molto diversi tra loro. I due casi reali del 2009 (la cosiddetta “suina”) e del 2020 (covid, appunto) mostrano già quanto diverse possano essere due pandemie, e se il virus dell’influenza aviaria A(H5N1) acquisisse la capacità di diffondersi con facilità tra le persone ci troveremmo probabilmente davanti a una situazione ancora diversa da queste altre due, anche se forse non catastrofica come pensavamo fino a pochi mesi fa, quando ritenevamo che il tasso di letalità dell’aviaria negli esseri umani fosse superiore al 50%. Come ti spiegavo alla fine della newsletter della scorsa settimana, l’epidemia in corso tra gli animali in nord America, che finora ha colpito una settantina di esseri umani, ha causato finora solo un paio di casi gravi accertati, uno dei quali letale. Negli ultimi giorni, tuttavia, a questi si aggiungono notizie di stampa su una signora anziana ricoverata in Wyoming e un altro dimesso in Ohio.
Nella bozza del nuovo Piano pandemico si parla tanto di incertezza e dell’importanza di tenerne conto e comunicarla. Forse lo sai che questo è un po’ un mio pallino, di cui parlo sempre nelle lezioni sulla comunicazione della scienza e in particolare della pandemia, e che ho citato anche nell’edizione straordinaria di giovedì 20 febbraio, nell’anniversario del primo caso autoctono di covid-19 individuato a Codogno cinque anni fa (che Bruno consiglia a tutti di leggere).
La flessibilità della risposta alle minacce pandemiche deve quindi essere relativa ai diversi virus che potrebbero emergere o riemergere, ma anche modificare nel tempo a mano a mano che si raccolgono nuove prove sul germe o la malattia che provoca. Per questo il Piano prevede l’attuazione di studi scientifici sui primi casi e una raccolta di dati costante che aiuti ad avere sempre il quadro della situazione.
Nella bozza del nuovo Piano pandemico si parla tanto di incertezza e dell’importanza di tenerne conto e comunicarla con chiarezza e trasparenza
Questo è fondamentale, non solo perché navigare al buio quando si prendono decisioni cruciali per la vita delle persone può essere rischioso, ma anche perché la mancanza di tempismo è stata, a mio parere, uno dei più gravi errori che si possono rimproverare alla gestione covid-19 in Italia, sia nelle chiusure, sia nell’imposizione di misure come l’obbligo vaccinale.
Cambia il quadro legislativo
Non mi preoccupa nemmeno il cambiamento del contesto legislativo in cui si inserisce la gestione dell’emergenza. Addio ai DPCM quotidiani cui ci aveva abituato Giuseppe Conte, si ristabilisce l’idea che le decisioni importanti al punto da limitare la libertà delle persone devono passare per “legge o atti aventi forza di legge”. Qui mi avventuro in un campo, quello giuridico, che non solo non è il mio, ma è anche molto ostico per i non addetti ai lavori. Eppure, se capisco bene, il Piano non prevede che i provvedimenti d’emergenza si possano prendere solo dopo che un disegno di legge sia stato approvato dalle due Camere del Parlamento. Ciò richiederebbe settimane, se non mesi, e paralizzerebbe la possibilità di risposta alla minaccia pandemica. Il Documento mi sembra solo precisare che non si possa più ricorrere agli atti amministrativi (che hanno valore inferiore alla legge), presi dal solo Presidente del consiglio, ma che “in caso di necessità e urgenza” il Governo nel suo insieme possa promulgare Decreti legge che il Parlamento avrà poi 60 giorni per approvare.
Non mi sembra uno scandalo. Il famigerato Green Pass voluto da Mario Draghi (e da lui, va detto, comunicato in conferenza stampa con parole non certo esemplari) fu imposto con un Decreto legge approvato dal Governo nella sua interezza. E anche durante il Governo Conte per il blocco alla circolazione tra le diverse regioni non si ritenne sufficiente lo strumento amministrativo del DPCM. Come si fece allora potrà fare ancora, se si renderà necessario, il Governo che avrà la sfortuna di trovarsi in carica al momento della prossima pandemia.
“Tutto il Piano fa riferimento ai criteri dell’OMS e inserisce la risposta alle minacce pandemiche in una cooperazione a livello europeo. Ops”
Inaspettato, nel nuovo Piano, è l’impianto che sembra seguire una logica e i continui riferimenti alle indicazioni, alle normative, alle collaborazioni internazionali. Anche questa scelta non sembra ispirata ai deliri leghisti di voler imitare Trump e Milei nel loro isolazionismo sanitario. Fondamentale è invece aver seguito l’approccio indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di considerare insieme tutti i possibili agenti a trasmissione respiratoria, pur riconoscendo che poi ciascuno potrà provocare malattie diverse. Se prima di covid-19 avessimo preso sul serio il vecchio piano non aggiornato del 2006 avremmo per lo meno avuto le scorte previste di mascherine e dispositivi di protezione, anche se allora si era pensato che potessero servire in caso di una pandemia influenzale.
La nuova bozza di Piano pandemico presentata alle Regioni si rifà esplicitamente al modello previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità.
I principi cui ispirarsi sono ben delineati fin dall’inizio: giustizia, equità, non discriminazione e, soprattutto, solidarietà, che deve essere alla base di ogni intervento di sanità pubblica. Ogni intervento deve inoltre essere guidato anche dai principi di precauzione, responsabilità, proporzionalità e ragionevolezza.
Qualche nota stonata
Il conflitto che potrebbe eventualmente insorgere tra sfera privata e pubblica rende infine necessario adottare criteri di trasparenza, chiarezza e tempestività nella comunicazione anche al pubblico. E qui casca l’asino, perché nonostante l’ampiezza del documento le indicazioni relative alla comunicazione sono affidate a un altro Piano, specificamente dedicato a questo aspetto, che entro sei mesi dovrà andare a sostituire l’attuale Piano di comunicazione del rischio pandemico. Arriverà? Speriamo che lo stralcio di questo aspetto sia motivato dalla consapevolezza della sua importanza, e non, viceversa, da una sua sottovalutazione.
Per la prima volta sono indicate anche le fonti cui attingere le risorse economiche per l’attuazione del Piano, ma non si affrontano comunque le difficoltà oggettive del Servizio sanitario nazionale. Sarebbe tutto perfetto, insomma, in un mondo ideale, se non mancassero posti letto, medici e soprattutto infermieri. Non credo che basti - come si è già visto - il ricorso alla sanità militare citata più volte nel documento.
Un altro problema è che si tratta, come ho scritto più volte, di una bozza: che succede se qualcuno capisce che non è un documento che sancisce la sovranità sanitaria dell’Italia, e che non vieta i lockdown, né i vaccini? Che dici? Meglio non inviare questa newsletter? Vabbè, tanto chisappiamonoi di certo non la legge.
PS Ha fatto molto scalpore in questi giorni la notizia di uno studio in cui Shi Zheng Li, la ricercatrice a capo del Laboratorio di Wuhan di cui ti ho parlato nell’edizione straordinaria di giovedì scorso, ha comunicato su Cell la scoperta in un pipistrello di Hong Kong di un nuovo coronavirus, chiamato HKU5, della sottofamiglia di quello della MERS, capace di legarsi anche ai recettori ACE2 umani come SARS-CoV-2. Dobbiamo preoccuparci? Per il momento, finché resta nei pipistrelli di Hong Kong, direi proprio di no. Ma lasciamo in pace questi animali, così come tutti quelli selvatici, da cui uno delle migliaia di virus con le stesse potenzialità potrebbe saltare a noi.
Buon weekend! Noi festeggiamo un compleanno e il ritorno a casa del nonno, che sembra stare proprio molto bene: grazie a tutti quelli che hanno mandato preghiere e più laiche good vibes!
Grazie abbiamo bisogno di buone notizie
Speriamo che la bozza non venga rovinata dal polulismo!